Alexander

Kiriyatskiy

Poesia in

italiano




O Fiume grigio fra le dimenticanze  in russo

Splendenti per i tetri secoli-stanze:

Mistìrion ksènos orò ke paràdzoson

Guardai il mistero diverso imperscrutabile.

In Roma allora gli ordini morti son.

Brillò Don Aràtor dal verbo del sacro spiegabile.

 

Perché criticò ieri la chiara Cronica storica

 "De actibus Apostolorum", che è il fiore di lui?

E leggeva "Degli Apostoli" sulla retorica

Il Barbaro Lupo che n'era l'ascoltatore, costui.

 

L'allievo d'Ennodio tendeva, nel cuore, Virgilio,

A Costantinopoli l'ambasciatore cattolico

Stendeva la Bibbia per la santità sull'idillio;

L'immagine accecherà dall'essere apostolico. 

 

Ai pazzi tramonti? O alle leggende eroiche

Lucrezio Caro, sarai l'eresia del genio?

Le Muse divennero le secche mummie diaboliche,

Così suscita il racconto del Santo Regno.

 

Le stelle poetiche, smorte già senza Orazio,

Le coppie di Costantinopoli dal desiderio

Vi fanno condurre le navi su - dallo stazio

Del male perché esse placano dai canti veri o

 

Dai simboli dell'Universo Supremo cantabile.

La busca alterna i tempi del sogno specifico,

La nuova speranza, ovunque, sarà penetrabile,

Il cibo del folle o dell' intelletto magnifico.

 

La Russia selvaggia verrà alla stessa tragedia,

Tradita il lume dei suoi poeti, dimentica

Le eredità bizantine con la Regia Media

E la comprensione dell'antichità autentica. 

 

Carrozze del Santo Dionigi, chiudete lo spazio,

Il vario appello di Nonno d' Egitto vi copia

Il carcere della bruttura fiabesca, palazzo

Tesoro dei poveri e conoscenza doppia.

 

Se l'oscurità e la luce - al Globo l'arte son,

Ognuno all'uomo è la perfezione probabile,

Nel settimo secolo quando la vita era il suon

Cantò da Maiuma Cosma a noi incommensurabile:

 

Splendenti negli scuri secoli-stanze,

Mistìrion ksènos orò ke paràdzoson

Guardai il mistero diverso imperscrutabile.


 



1.48 Vingt ans du regne de la Lune passez,

Septs mil ans autre tiendra sa monarchie:

Quand le Soleil prendra ses jours lassez;

Lors accomplit et mine ma prophitie.

 

1.48 Venti anni del regno della Luna passate,

Settemila son, poi un altro tenderà la monarchia:

Quando il Sole prenderà i giorni - lasciate;

Allora compie e finisce la mia profezia. 1

 

(Nostradamus)


Non sostituì // Crono dei pagani -

Dalla furia già // breve i sovrani

Scopi. Sono i // simboli umani,

     Se il Saturno

 

Ci inviterà // con il nuovo turno

Che l'umanità // faccia introdurr: "NO!"

Ai concetti del // "MALE" dei cervelli,

     Dagli anelli

 

Quando bruciano // gli azzurri cieli;

Dopo mille sei // cento anni l'Era

Fa abbandonar,// senza atmosfera,

     La calda Terra.

 

Fin del settimo // secolo del quarto,

Quel millennio, sei // l' ultimo infarto

Del pianeta che // subito fa parte

     Del grosso sole.

 

Ma l'umanità // scopre e duole

Con la verità, // che non si vuole

Nella civiltà // all'interno degli

     Alti anelli

 

Dove la città // dei racconti belli

Dei telepati // legge i pensieri

Per legare ai // grandi desideri

     Non come ieri

 

Ed intendere // gli stellati segni

Settemila: e // dopo tre millenni

Il Saturno fa // costruir i Degni

     Esseri-Sfere

 

Senza sessi per// mai mangiar, mai bere

E trovare nel // cosmo altre Terre

Che nel Cancro son // forse nei Gemelli

     Tra molte stelle.

 

Per lasciare i // magici anelli

Del Saturno che // cessa la canzone,

Cancro ne sarà // la costellazione-

     Animazione.


 



SILLABA DALLA MATTINA DEL XXI SECOLO

 

       1                (in russo)

 

Sotto la musica classica, sotto il cielo di costellazioni

Io rivolgo lo sguardo alla mia stella per molte questioni:

Come nasceva il mondo creandosi tramite le trasformazioni?

Io so che il destino di noi è conflitto delle relazioni.

 

L'occhio ci fa concepire, fermandoci, un non umano pensiero,

Dalla lontana infanzia ricordo il meraviglioso mistero,

Forse gli astri raccontano agli audaci di quello che era,

Per far capire gli scopi del Più e del meno nel cosmo severo.

 

Mi figurai una nave dei cosmici, non della terra abitanti.

Chiaro splendeva nei nuovi colori fisici sempre viaggianti,

Essa si avvicinava alle incoscienze di schiavi ignoranti,

E non sapremo che aspetterà molte anime immaginanti

 

Ove la sfera così mi spiegava scendendo la nostra ventura

Ma senza suoni, temeva uccidere me mediante la mia lettura

Dei musicali pensieri venuti da Musa far qualche misura

Dalle visioni astratte che son di ciascuno in sé l'apertura.

 

Fece capire che leggo l'idea di lui. E il suo antenato

Ha prima, più di quattordici mila di anni fa, abbandonato

La biosfera del nostro pianeta; benché da sé era dannato

All'interiore del globo terrestre che odia il suo fatto.

 

Ma ottenendo d'esser indipendenti dal bene e dal male!

Se sulla terra restavano, — si trasformavano nell'animale —

Senza un grande ostacolo che catturasse poi il materiale:

Solo mediante i tempi distinti è il cambiamento mentale.

 

La mutazione genetica dei genitori li fece mutanti

Che lasciarono solo i simboli questi figli degli atlanti,

Come nel sogno, tra essi gli esseri nei paragoni giganti

Nello sviluppo son tramite molti passaggi a noi non somiglianti.

 

Gira la luce, permette di fare la concettuale pittura.

Quel ragionevole sa che il libro che rifletterebbe l'altura

Va alla dimenticanza del secolo cieco che è la sventura

Di sconosciuti perché non hanno bisogno della loro figura.

 

Come dall'occhio, vedevo dei mondi la nascita nell' esplosione;

L'essere senza parole parlò: “Come puoi, tramite la ragione —

Le metamorfosi porre in versi diversi, la composizione

Va dalla sillaba greca, tu canta del visto in questa canzone".


 



          2                  (in russo)

 

Fuori meno e Più fece Dio i segni

Immisurabili; sono i mondi degni.

Prima non generò due contraddizioni

Per le velocità non creò dimensioni.

 

Nulla venti miliardi di anni fa era

Spazi e tempi con luci di qualche sfera.

E quel non riuscì a volar e girare

Senza distanza né punto elementare.

 

Assoluto accese la forza che pare,

Fa l'opposto a lui che vuole regnare!

Fuori di quello non verrà confermato

Alla divinità, solo l'antibeato.

 

Nacque da un neutrino un antineutrino

Per influire sul contraddetto cammino;

Alle lotte volar fecero molti spazi,

Poi distruggere e generare le grazie.

 

Si incontrino la luce con l'antiluce,

Alle conformità l'energia conduce.

Dio fa scoprire undici dimensioni

Con l'eternità dalle annichilazioni.

 

Dai principi se i quark già nascono verso

I neutroni, le copie dell'Universo.

Lì il tempo sarà più veloce di quanto

Siano più brevi del Neutrono-Gigante.

 

Separò il meno i sistemi di stelle

Nei pianeti sino agli atomi nelle

Pro galassie che colmano i neutroni

Che faranno e fecero le condizioni

 

Della fisica che sempre è relativa;

Dio, con essa la logica, costruiva

Per salire all'Unione nuova di Tutto,
        Allo scopo infinito di... Assoluto.


 



              3      (in russo)

Son due zone che fan i segni contraddetti

Che la totalità costruisca gli effetti,

L'inferno vi compone gli elettroni.

Dio crea, agli atomi, i protoni.

 

Per i neutroni lottano le contraddizioni.

Già nascono così le materializzazioni,

In cui si generavano i concetti

Ad unire e distruggere gli oggetti.

 

Appare un diritto, tra due, fra le guerre

E una forza entra nelle neutrali sfere.

Può partecipare la contraddetta

Subito e dopo nel gioco che progetta

 

L'infinità e fa la sostanza imperfetta,

I primi atomi, dall'idrogeno la getta

Da cui vince al fine il potere:

All'interno l'energia forte tenere.

 

Ai punti aspirava l'Universo,

Il Don partì dal caos nucleare;

La densità fa la grandezza verso

Dal caldo colmare


    Mediante molti centri per le stelle;

L'oscurità raffredda tutto fuori

Dai nuclei più meravigliosi delle

Galassie, fiori.

 

La polver va attorno agli astri,

Ma stringe i rotondi corpi fissi,

Si allontanano i suoli guasti

Dai chiari abissi,

 

Dai gialli astri medi, dai giganti,

Dai caldi blu, dai grossi rossi freddi,

Non ogni stella manderà avanti

Futuri pianeti.


 



            4       (in russo)

Dio invia, alle stelle,

La mente termonucleare tra le nascite interne

Per aprir, alle sorelle,

Le armoniose magie non eterne.

 

E tenere, con i plasmi,

L'alterità in Materia Nera, i cosmici progetti.

Vi conduce, dai fantasmi,

Le galassie agli intelletti.

 

Se dai tempi dei concetti

Gli astri fanno i destini per le pure vibrazioni,

Scelgono i più perfetti

Per star fra due segni, invasioni.

 

I pensieri dei pianeti

Ci guadagneranno i consci che non erano che niente

Per produrre gli effetti

Dal cresciuto fisico corrente.

 

LÌ l'ambiente rigoroso

Formerà, dalle parti più elementari, il consiglio

Delle stelle generoso

Ed educherà ogni macro figlio.

 

C’è la vita differente,

Il non organico dominio ha i corporei severi

Organismi o, sovente,

I nostri vivi abitanti veri.

 

Sui pianeti più giganti

La coscienza costruiva le grosse cellule totali

Matematiche varianti.

Proibiranno molti spazi già uguali.

 

Soprattutto il Più regna

Fra i frutti ragionevoli, per il passo iniziale

Dove l'energia degna

               Fa l'Universo, ordine neutrale.


 



                   5      (in russo)

All'epoca di caos nucleare

Potente Dio ha l'elementare

Molecola facendo generare
Quell’embrionale

 

Inizio che, dal nostro astro, sale

Ed era più grandioso alla valle.

Di prima ha creato le comete,

            Non i pianeti


Lontani per difendere concetti.

La nuvola Aorta, alla gente,

Da molte pietre, gira quell’ambiente

            Più differente.

 

E le meteore per i tempi rossi

Si fanno le cinture ai più grossi:

Nettuno con Urano scrupolosi

            Aprono l'era

 

Ai piccoli pianeti come Terra

Miliardi tre di anni fa, la vera

Ripetizione era di quel nato

            Scelto all'atto

 

Per trasformar nell'acqua il mandato

Ossigeno che dalla Grande Orsa

Fornì l'enigma della vita scorsa,

            L'agile morsa.

 

E dopo anni, quelli son miliardi,

Saturno congelò i primi dardi

Dalle comete infinite. In ritardi

            Vincola Giove.

 

È lì Fetonte del futuro ove

Si generarono le forme nuove

Di ciò che non sviluppa mai girone

            Dell'embrione.

 

Dapprima Marte cominciò l'unione
Di Terra e di Venere. Da presso
Mercurio poi ancora va dal nesso
            All'astro stesso
.


 



                   6      (in russo)

Sette comparvero da undici dimensioni globali,

Il Più sta sopra il meno diverso.

Ma trasformarsi non possono in forme concettuali

Molti messaggi scientifici verso

 

Gli altri mondi che son al di fuori di tutti i tempi...

O senza velocità e distanze,

Oserò scrivere le Metamorfosi con gli esempi

Degli antichi poeti o anzi,

 

Con i concetti d' astronomi contemporanei e provo

A disegnare i giovani astri.

Le vibrazioni di ogni futuro pianeta, di nuovo,

Separeranno le leggi... Contrasti

 

Non sono mega galassie e ove rapì, all' uopo,

L' ordine di qualche altro pianeta –

Al fatto che si ripeta nessuna orbita uovo,

L' infinità è con Dio perfetta.

 

Se si potesse già immaginare né diversità

E concezione dei tempi spaziali:

Ciò che da noi si misura, avrà nessun senso reale

In ogni altro sistema astrale.


Q
uattro miliardi di anni fa dal ritmo della blu Terra

Alla galassia centrica era

Ciò che bollì, fu dal magma, o sorsi dei nostri pianeti,

Dal sole tra tutti gli intelletti

 

L' ultimo fece volare e primo Mercurio. E dopo

Venere – Terra con Marte, lo scopo

Del successivo gigante, da noi nominato Fetonte,

Fu con la forza divina la fonte

 

Della biologica vita, per noi aspettava la morte.

Giove più piccolo e meno forte

Desiderava copiarlo. Là poi l'ubbidiente Saturno

Continuò il gerarchico turno

 

Ma prevedeva l’abbraccia, la tragica vera scadenza.

La sottoposero in precedenza.

Sotuisce Nettuno il posto d'Urano. Fu senza

Fine il Globo di ghiacci partenza.


 



            7                       (in russo)

Dio forma i // mondi materiali
Dagli atomi // sino ai supremi
Intelletti che // son per l'infinita
            Chiara memoria.

Sviluppandosi // forse da un seme
Non organico, // nascerà il gioco
Degli esseri // vivi per le forme
            Di cosmo varie.

Ma gli atomi // son da due segni,
O contrarietà, // ci fai, dall'enorme
Nesso, scegliere // gli itinerari
            E li consegni

Ai neutroni dei // generosi menti...
Le galassie son // polveri stellati:
Dio li guardò // nei meravigliosi
            Ammassamenti,

Il cui coro ha // tutto il creato
Senza fine... Ma // dagli armoniosi
Ragionevoli // corpi — invieranno
            Alle unioni

Che nei plasmi stan... // Alle sfere scure
Negli astri e // sui pianeti danno,
Al futuro, le // civilizzazioni
            Di creature.

Quanto passa la // luce? Son miliardi
D(i) anni, — tanto il // vacuo ai colmati
Ne sarà poi con // le sopra ragioni
            Esercitate.

Che acquistino // un comune fiato
Non biologico. // Le generazioni
Son le fiamme dai // nuclei — ai destini
            Nell'atmosfera.

La divinità // con la mano guida,
Fa le cellule // d'energia fino
Al miracolo // della prima vera
            Magica vita.


 



           8                         (in russo)

Cinque miliardi di anni fa per il sistema solare
Non fu la Terra il primo pianeta che fa generare,
Come la madre, le cellule. La non organica mente
Di quel gigante gli crea la vita del cosmo sapiente

Nell'atmosfera che era il vivo pensiero potente
Fino al nucleo. Si animava l'interna corrente,
Da cui le capsule con i messaggi vorranno viaggiare
Verso gli altri che nascano le nuove forme già care

Per regalare le menti diverse ai consci di notte.
E giallo Giove con Marte diventano le sfere non vuote.
Fu, allo scopo di tutti i corpi di Dio, l'uguale
Forza che oggi chiamiamo Fetonte del ruolo astrale.

Nelle immagini non si riflette che era reale.
E si compara nessun sulla Terra con lui... È l'ideale
Nel ragionevole plasma di molti colori. Si pote
Individuar ogni cellula per le idee devote.

Esso trasforma il freddo nel caldo che guardino tutto
Le macro cellule con l'Opinione di ogni vissuto.
Erano inseparabili dai loro sopra pensieri
E se fra essi ognuna L'appropria senza frontiere

O all'interno di tutte le parti del vivo potere
Fanno qualcosa e dopo ricordano per rimanere
Fuori dell'appartenuto — a ogni neutrale tessuto,
Cieco conflitto del «bene» e del distrutto «male» caduto

Che si bolliva, soffrendo nel centro del santo cervello.
Tra gli abissi è nato dal cosmo divino più bello
Quel, che fornì a Saturno, Fetonte. E fa la parvenza
Misera anche a Giove e — Marte, che in precedenza

Per noi scomparve, — l'uccisa non riesce a vivere senza
Caro Fetonte esploso da Dio per la provvidenza.
Quattro miliardi di anni fa dall'inferiore livello
La vita scese all'acqua di Terra con lo scuro cielo

Sotto le onde. Sul suolo e nell'atmosfera adesso
Essa aspira al massimo e condurrà il progresso
A tutti gli animali, al sogno!!! E al tempo stesso,
Umanità, sei — il lasso brevissimo come la vampa.

Immaginava Fetonte vicino all'ultima rampa
Dei ragionevoli esseri tramite le congetture
Che colmeranno da sé molte vive galassie più dure
Verso il macro cervello con molte nozioni future.


 



           9                         (in russo)

Dio mandò le sorgenti // arti dei generi,
Crea le sfere potenti // che si ripetono.
Notte, lì dai sapienti // sei sconosciuta in-
Dietro — alzar i morenti // al miglior spazio e

Regna intorno la prova // sempre che subito
Per l'alta vita rinnova, // salva la vittima!
Che il Neutrone si muova!, // se le ipostasi
L'aprono dopo di nuovo // dove sbagliavano.

Le sorti delle radici // con due segni son,
Oh Più, dal meno tu stringi. // L'era ha l'ansia per
Il fin dei due nemici, // batte; e crescono
Le entità-edifici // alle materie giù.

E lì non c'è né passato // e né futuro, se
C'è nessun vivo né nato // ma né mortale con
Dio, così è cambiato // incomprensibile.
Il Più difende lo stato // dei frutti-atomi.

Mistica sostituzione, // tu dai futuri vai,
Nutri in noi l'illusione // poni i limiti,
La realtà dà l'unione // dei tempi — tramite
La densità-condizione // che non sussisterà.

Già i Neutroni perfetti // son i Protoni e
Il Più gli amplia le strette // forme che pensano
Qui, che passò, si ripete // fuori dei prossimi
Senza passato e rete, // forbici-regole.

Per la distinta uscita // alla divinità
Fu lo scomparso smarrito, // è il futuro per-
Ché differenzia la vita, // è dall'eternità.
In luogo della prescritta // gli altri vengono.

E del passato non sanno. // Tutti si girano,
In cui gli altri, che stanno — // nei loro esseri
Più ragionevoli, fanno // i nuovi esiti.
Se il futuro umano // è la variabile

Karma dei figli terreni // quell'ammirabile
Fa i concetti dei beni, // l'inevitabile
Saggio Fetonte. I freni // tratterrà l'abile…
I paradisi sui cenni // in quattro ambiti

Erano lì con l'amore… // E da quei campi — ti
Inviterà, oh lettore! // a quel non stabile
Nostro Neutrone, vigore // paragonabile
Per l'abituale errore // del perdonabile.


 



 

Serus in caelum// redeas diuque
laetus intersis // populo Quirini,
neve te nostris // vitiis iniquum
          ocior aura

tollat; hic magnos // potius triumphos
hic ames dici // pater atque princeps
neu sinas Medos // equitar' inultos
           te duce, Caesar!


(Quintus Horatius Flaccus: ex "Triumphus")


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Dopo salirai // all'eterno cielo,
uomo altro che //dai romani viri,
vai il vizio, la // gente sa il tuo
           spirito forte

più veloce ti // vale il trionfo,
con la lancia o,// padre anche primo,
per la Persia tu// non stai vendicato,
           Cesare regna!


(Quinto Orazio Flacco: dal "Trionfo")

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È la terza Roma                (in russo)

I miti sono la retorica dell'ultimo secolo della repubblica, disse Cicerone,
O paura dei consoli, guerra fra i cittadini! Perché il senato aspetta le corone;
La libertà di Roma scompare! Se la plebe ha sete dei Demoni alla caduta ribellione,
Il male implica il simbolo al tempo. Il sogno profetico mostrerà che l'Armageddòn'è

Il Foro con gli schiavi poveri che alza il Grande! Gli attribuiamo le glorie solari.
La fama cresce! Ave Cesare! Lo sguardo spaventa la viva età sottoposta magari
All'audace, ci perdiamo nell'eternità del passato, e gli ultimi sostengono i loro affari,
Tu canta del suo trionfo, sai, Orazio, è necessario, al Regno, il Primo fra i pari!

Venere con la sua voce pregherà: "O tramonto della verità!" Fra sette vince un colle!
La pace condurrà il Lazio; e aiuteranno Marcello e poi Curiòn senza parole
E al Sud getterà il Giulio l'esercito, con l'Occidente combattere Cesare vuole.
O successore, alla morte di lui non coronato lo accede, alle catene, il nuovo sole.

 

(Traduzione dal latino in italiano
di Alexander Kiriyatskiy)
 1 eu-[ev]

 




                    *             *            *          (in russo)

Non io! predissi i guai dai futuri eventi nascosti nell'eternità.
Per tutti gli sbagli al tempo pagò la repubblica falsa. Dall' antichità
Scappò senza conscio, da cui i monarchi conducono, agli abissi, l'Età.
Il culto dei despoti versa i fiumi di sangue al lago dell'oscurità,
Fra tutti se la moltitudine sceglie le incontrollabili sovranità.

Senato, sei perso, ti sbandi, perché ti svilisci, oh ultimi dei salvatori!
Sai la volontà degli schiavi romani, e dei plebei altri, feroci, peggiori.
Però Cicerone pacifica i cittadini, invece i sostenitori
Di Cesare ti vinceranno per far trasformar gli eroi poi nei traditori.

Già alla memoria del Gran Ammazzato1 permette di dir Cicerone, a pena,
Ai poveri del Testamento di Giulio alla repubblica fa la catena,
A Bruto e Cassio che alla vendita ai profanati, la regia vena.
Umilia tu, re, perché amino, obbliga a bere sempre l'amaro veleno!
 
È scritto così che trecento sesterzi dovranno ricevere i cesariani
Vicino a Roma i verdi giardini — li danno ai poveri come ai cani
Fedeli nei secoli. Gaio previde dei perfidi e dei pugnali in mani,
Con le conseguenze che accecheranno la plebe avara sul mare dei danni,

Nel culto ellenico il cui cadavere arse. Ma nell'effusione costretta
Da Mario c'è il "nipote" Geròfilo; chiama il popolo alla vendetta
Il nuovo Spartaco va contro la vecchia repubblica, tra i plebei, maledetta.
Durante le guerre civili sul suolo, in cui dai battuti il sangue si fredda.

I repubblicani scapparono. Scompariranno così Bruto, poi Cicerone.
E i cesariani appellano: "Tu, o senato se hai le diverse persone
Per la dittatura del Giusto, non per il tiranno, lottasse già ogni legione,
Gerofilo nero conduce per molte tirannidi sporche all'esecuzione."
 
Antonio, Lèpido anche Ottavio fanno il prossimo2 triumvirato.
I loro ordini sono sovrani. Tu puoi contraddire, corrotto senato?
Iniziano le prescrizioni, calunnia ognuno all'altro che era fermato.
La testa di Tulio fu consegnata in Roma dal suo amico premiato.

Per il coronato Augusto3, divieni da quindici anni, oh Ottaviano.
Il popolo vuole l'assenza di qualche diritto, al culto dei despoti4 strano.
O mondo, perché tutte le teste cadano giù dalle spalle, dì: "Salve Tiranno!
Sei capo di tutti i tempi e dei loro schiavi vissuti la vita invano.»

  
1 Il 44 A. C., 2 Secondo Triumvirato dal 43 A. C.
*; 3 Il 29 A. C;
4 imperatori bizantini, russi, sovietici e postsovietici.


 



 Sonetto a Manlio Severio Boezio, al creatore

 e scienziato dell' esecuzione dal 524 (in russo)

 

Papa Gregorio Famoso e Magno scriveva dopo un secolo: "Che cosa resta!

Ora di Roma che senza senato dimentica l'era di festa?"

Glorificò, nella voce, l'Oriente - Boezio ucciso dall'abile triste protesta;

Ma Teodorico gridò che troncasse il boia al genio la testa.

 

Se l'entusiasmo di Costantinopoli era la pena. Già senza paura tu muori,

Manlio, fra le rovine. O Muse, uscì la speranza dai cuori.

Di Aristotele suo, leggeva il barbaro nel manoscritto dell?epoca fuori

Di qualche nesso all'antichità fra gli scuri umani furori.

 

Era la testa del pesce sul piatto, da cui Teodorico capisce la stretta frontiera

Fra la tormenta vitale e l'agile morte che dà la severa

Pura giustizia del genero di Severino, Simmaco. Per l'anima che fu sincera

 

Lo giustiziarono. Teodorico, pentito, fa una preghiera.

Poi abbandona lui stesso il mondo orribile, cui il poeta e il condottiero

Intrecceranno il nodo fra l'esser e nulla non morti davvero.

 




  Concezione dei migliori venti

Tre millenni fa // le strofe primitive
Senza metrica // l'oriente scuro scrive.
E la sillaba // regala queste rive
           Ai fiumi canti.

Già i monaci // andavano avanti.
Alla rima ci // alzavano i santi
Inni a Gesù // dai versi dell'amore
           Di trovatore.

Oggi tagliano // la rima dal terrore,
Soffocare le // ritmiche dei greci.
Ignorate voi // le cantiche che feci,
           I sordi lecci!

O soggetto, tu // sviluppi gli eventi,
Manchi! Fischiano // i freddi elementi
Senza anime; // il Caos tu non senti,
           Musa antica,

Non pensate che // la prosa è l'amica
Dei grafomani. // La bugia ricca
Loda soli i // concetti senza nessi
           Tra essi stessi,

Dove non trovai // i vivi interessi,
Per la rima con // la metrica normale
Del preistorico // morto ideale:
           È la morale!

 




      Piccola domanda

 

L'essere fa la \\ Dotta ignoranza,
Mi illudono \\ che non c'è distanza
Tramite di che \\ - so la cieca danza -
           E mai so niente.

La felicità \\ sempre relativa
Poco tempo fa \\ altro percepiva...
Insaziabile\\ tu, coscienza viva,
           Sei ubbidiente.

Quello che mi fa \\ vivere felice,
All'inconscio poi\\ anche sempre dice
Che dimentico \\ degli edifici
           Grandi ambienti.

Ciò che mi verrà \\ batte la scadenza,
Vogliono da me\\ sola l'ubbidienza,
Si riflette sui \\ voti di sapienza
           La tolleranza?

Quanto costa già\\ l'anno che è perso?
Come prima: nel \\ modo non diverso
Chiede l'anima \\ nell'antico verso
           Della costanza.

 

 (Poemi originali di Alexander KIRIYÀTSKIY)


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